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Allora, siedi qui accanto a me

Mirella Marabese Pinketts

Scrivimi a:

redazione@gazmagazine.net


Cari lettori,
benvenuti nella nostra nuova rubrica, un luogo accogliente e intimo dove ci riuniamo per esplorare le sfumature più profonde dell’animo umano.
In “Allora, siedi qui accanto a me”, curata con amore e dedizione da Mirella Marabese Pinketts, ci immergiamo nei vostri pensieri, nelle vostre emozioni e nei vostri dubbi, offrendo un sostegno empatico e consigli che riscaldano il cuore.
Qui, non siamo soli. Con la madre di quel genio letterario di Pinketts e il suo straordinario “senso della frase”, condividiamo le nostre storie e ascoltiamo quelle degli altri. Ogni lettera diventa un viaggio nell'intimità dell’anima, dove esploriamo l'amore, la perdita, la speranza, e tutte le sfaccettature che compongono il tessuto della nostra umanità.
Siedi qui accanto a noi, prenditi del tempo per lasciarti trasportare dalla sincerità delle parole, perché in questo spazio ogni voce è importante e ogni cuore è prezioso.
“Allora, siedi qui accanto a me” è il rifugio dove puoi trovare conforto, comprensione e forse anche una nuova prospettiva sulla vita. Preparati a condividere, a riflettere e a crescere insieme. Siamo pronti ad accoglierti con le braccia aperte.
Allora, che aspetti? Scrivi a Mirella e lascia che il viaggio nel cuore abbia inizio.

G.A.Z Magazine
La redazione

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Ho riaperto il mio salotto, dove si respira un’aria antica densa di fiori disseccati che si sfaldano tra le mie mani come la fragilità delle ali delle farfalle.
Accanto c’è una bergère, dove c’è un tavolinetto letteralmente affollato di piccole cose che sarebbero piaciute a Guido Gozzano e un libro aperto a una poesia fissa nel firmamento, eterna come il sentimento d’amore che tutti vorrebbero vivere e conoscere: Piove su le tue ciglia nere sì che par tu pianga ma di piacere;
Ma i fiori disseccati scompaiono nell’atmosfera, rimane una polvere incolore.
La pioggia nel pineto è annullata da un sole accecante, l’amore eterno è un’illusione che ci aiuta a vivere.
Il salotto di Mirella lascia spazio a uno sprazzo azzurro cangiante.
Lascio spazio ai sentimenti espressi nelle domande dei lettori.
Mirella risponde con un battito del cuore accelerato, solo per voi.

Mirella Marabese Pinketts


L'augurio di ALberto è a conferma che i sentimenti non si estinguono.

 

 

 

 

 

 

 

 

Cara Mirella,
ti scrivo con l'anima aperta e il cuore desideroso di condividere. Sono un lettore affezionato alla tua Posta del Cuore fin dai tempi in cui apparivi su Odeon TV. E ora, dopo tanti anni, trovare la tua nuova rubrica "Allora, siedi qui accanto a me" mi riscalda il cuore. Sento il bisogno di esprimerti la mia gratitudine per aver creato uno spazio così speciale e accogliente.

Le tue parole, che ho avuto il piacere di leggere sin dall'inizio, hanno il potere di penetrare nell'intimità dell'anima e di donare conforto nei momenti di bisogno. È evidente il tuo impegno e la tua dedizione nel dare ascolto alle esperienze degli altri e nel cercare di offrire un sostegno emotivo e psicologico.
In un mondo così frenetico e spesso isolante, trovare una stanza dove ci si può sedere virtualmente accanto e condividere pensieri, emozioni e speranze è un dono inestimabile. Grazie per aver creato questo rifugio per chi cerca conforto e ascolto.
Sono consapevole delle sfide e delle difficoltà che tutto ciò comporta, ma spero che tu sappia quanto sia prezioso e significativo per chiunque abbia la fortuna di imbattersi nella tua rubrica.
Ti auguro tutto il successo che meriti e ti ringrazio di nuovo per il tuo impegno nel creare un luogo di fratellanza, sostegno e comprensione.
Con stima e gratitudine,
Alberto, Milano



Le delusioni d'amore lasciano la porta aperta

 

 

 

 

 

 

 

Cara signora, non è mia abitudine scrivere ai giornali ma leggendola mi ha colpita la sensibilità e capacità di ascoltare i problemi delle persone che le chiedono consigli.
Il mio problema è grave: sono sposato da dieci anni ed era un matrimonio felice se non per la mancanza di un bimbo che ha gravemente compromesso l’armonia che dovrebbe esistere tra due persone che condividono la vita.

Abbiamo consultato i migliori ginecologi della città e altri noti in tutta Italia per la loro bravura e dalla capacità di risolvere anche i casi più difficili. Io mi sono rassegnato e ho smesso di aspettare, di sognare; mia moglie si è chiusa in un’ostilità che manifesta rifiutando anche ogni rapporto sessuale portandomi all’esasperazione e alla tentazione di cedere ad altre persone più disponibili.
Tutto questo non mi è congeniale, ma temo che prima o poi dovrò arrivarci.
L’astenia sessuale di mia moglie mi provoca uno squilibrio psicofisico con conseguente stato depressivo. La causa di tutto questo sono io: sono sterile  e le nostre attese sono inutili. Io ho accettato questa condizione avvilente e frustrante. Penso, e me ne rendo conto, che l’amore possa, anzi debba, accettare la mancanza di un figlio e forse anche completare un rapporto. Naturalmente e con mia riluttanza ci siamo sottoposti a tutti i tentativi del caso, ma la causa sono io e i miei spermatozoi sono inerti. Ovviamente se mia moglie frequentasse un altro uomo il suo problema si risolverebbe  ma io non voglio correre nessun rischio.
Desidero da lei, signora del conforto, una sua parola.
Grazie.
Mario, da Varese

 

 

 

 

 

 

 

 

La penso esattamente come lei, caro Mario.
Le gravidanze costruite in laboratorio mi lasciano perplessa. I figli sono un dono di dio, una sua volontà; un amore, quando è tale, sopravvive a questa mancanza. I figli, capita più spesso di quanto si creda, possono creare in una coppia tale disarmonia da distruggere il valore di un’unione. Non deve accettare la lontananza fisica  e sessuale di sua moglie, è evidente che non  era, non è amore.

Lei è, da come si esprime, una persona sensibile, l’amore busserà ancora alla sua porta e le porterà la generosità di una donna che amerà lei indipendentemente dalla vitalità o meno dei suoi spermatozoi.
Non se ne faccia un problema, ha solo sbagliato donna.
L’abbraccio.
Lei sa quanti bimbi hanno bisogno di amore, di una culla calda?
L’adozione è una strada lunga, ma è una strada piena d’amore, quell’amore di cui lei è ricco mentre sua moglie, mi scusi l’ardire, è un prato arido dove l’erba cresce colore della cenere mentre il suo prato è di un verde brillante che sarà il suo futuro.



Un abbraccio consapevole

 

 

 

 

 

 

Della sua comprensione, del suo conforto, la panchina ideale che ha creato, sarà il mio conforto.
È una moglie infedele che le scrive, che desidera sedere accanto a lei sulla panchina ideale di cui nella rivista sentivamo la mancanza. Lei è una signora per bene, lo si capisce dalle risposte che lei dà ai suoi lettori, dove è stata tutto questo tempo?

È molto grave quello che sto per dirle. L’estate scorsa ero in vacanza al mare e mio marito era a Milano per lavoro. Una sera conobbi un uomo che mi affascinò; tentai di resistere, ho tentato per qualche serata, ma a un certo punto ho ceduto e ho avuto con questo sconosciuto una liasion durata qualche sera, senza sapere chi fosse, nemmeno il nome; ero come travolta dalle sue parole, dal suo erotismo che trapelava in ogni suo gesto. Io ero come ubriaca di sesso, non di amore. Perché  io,  mio marito (e mi vergogno di dirlo) lo amo; è un uomo che merita il mio amore; mentre l’altro, evidentemente, visto che è sparito, è un avventuriero. Ci lasciammo senza rimpianto, senza programmi; la breve anche se eccitante avventura era sfumata nell’anonimo e ha creato purtroppo delle conseguenze: uno splendido bambino biondo come me, con gli occhi azzurri come i miei. Di mio marito non ha nulla. La madre insinua sempre che c’è da dubitare sulla paternità di questo bimbo che è solo il mio ritratto. Io non posso nemmeno ricordare i tratti somatici di quella sciagurata avventura estiva, perché li ho totalmente dimenticati.
Signora Mirella, non me ne voglia, sia indulgente nella risposta. Ne ho bisogno.
Firmato: Moglie infedele

Mia cara, non è compito mio dare giudizi. Il mio compito, se così si può chiamare, è ascoltare e quando è possibile aiutare.
Ci sarebbe stato un modo per capire a chi attribuire la paternità di questo angelo biondo che è il suo ritratto. Ha sentito parlare del DNA che stabilisce con sicurezza assoluta quanto sopra?

L’illustre sconosciuto con il quale lei ha concepito il figlio era dotato di tanto fascino? Ma appunto, sconosciuto e irreperibile. Chiuso.
Si possono presentare poi pericolosi e non trascurabili eventi, per esempio una malattia, una trasfusione o qualcosa che si debba stabilire in ospedale o in un laboratorio. Que serà, serà.
Ai tuoi complessi di colpa riguardo tuo marito, credo ciecamente. Non mi parli nella tua lettera di tuo marito, della natura dei vostri rapporti perché nel caso in cui, e capita sovente, tu fossi una moglie trascurata, bisognosa di amore non corrisposto, tu potresti avere qualche attenuante.
Ammesso e non concesso, il mio consiglio è il silenzio assoluto; e da parte tua, maggiore affettività, trasporto sessuale che stupisca e dia gioia a tuo marito per compensarlo, dentro di te, del gravissimo torto subito, con le tue sofferenze e pentimento e comprensione di quello che hai fatto.
Forse questo ti darà un po’ di sollievo. Non rovinare la tua famiglia, allevia il tuo complesso di colpa; se sei madre, degna di questo nome, ma anche una donna i cui ormoni impazziti subiscono le conseguenze, il mio giudizio non esiste; esiste solo una comprensione sofferta per la creatura innocente che quando la sentirai chiamare “papà” ti si stringerà almeno un po’ il cuore, questo io lo spero.


Una carezza è lo spasmo della mia anima

 

 

 

 

 

 

Io ti svelerò un segreto. Ti piacciono i segreti? Forse ti intimidiscono, non si sa mai cosa rispondono. Cerca nella tua memoria l’aula di una vecchia scuola, il liceo dov’era il tuo insegnante di italiano. La scuola era vecchia con i muri un po’ scrostati, con molti vetri rotti, le immagini di un abbandono. Il tempo è passato inclemente.

Ti ho rivista dopo quarant’anni in televisione e sulla rivista. Ero allora un tuo fan e ogni appuntamento con il programma che tu conducevi mi vedeva seduto in prima fila in una posizione quasi estatica a cercare di capire le parole fluenti e armoniose che fluivano dalla tua bocca. Ero, allora, un ragazzotto particolare con molti interessi, li ho consentiti per mia fortuna, la letteratura, la poesia, la curiosità di sapere le meraviglie del mondo. Il calcio non mi interessa nemmeno ora.
Ti ho riscoperta in un programma ma ti ho riletta anche su una rivista importante, sei ritornata a catturare la mia attenzione. Il tempo ha un po’ velato il tuo viso, appena un po’. La tua voce è come quarant’anni fa, musica che ti porta in un altro mondo dove c’è una regina che si chiama poesia, armonia,  dolcezza e saggezza. 
Il ragazzotto di allora è ora un uomo fatto, un po’ attempato. Non andare più via Mirella Muriel, ridammi con il tuo viso, con le tue parole, l’incontro con la giovinezza. Ecco chi sono, il professore di letteratura del liceo di quella vecchia scuola che ti ha insegnato ad amare la poesia, la letteratura, la cultura. Sono fiero che tu abbia ascoltato le mie lezioni e attraverso questo abbia imparato a scrivere come scrivi.
Il professore

 

Gentile professore,
è lei che mi ha fatto un dono. Mi ha riconosciuta dopo quarant’anni di distacco, non voluto ma obbligato dalle vicende della vita. Lei mi ha riportata a una stagione fiorita di promesse.

Ho la gioia intima di confidarle che molte di queste promesse sono state mantenute e animano i miei giorni di fanciulla romantica; si sono avverate soprattutto nell’aver mantenuto con la carta bianca di fogli vergini, la poesia e il desiderio di creare con le mie fantasie, con i miei rapporti, con il mio pubblico, un feeling di fiducia, di abbandono e forse anche con un po’ di ammirazione.
Il pubblico è una parola che non traduce appieno i sentimenti che mi legano a chi mi legge. Quando mi scrivete, chiunque voi siate, qualunque sia la vostra situazione, comunque sono le vicende avvenute durante il vostro percorso della vita. Voi non siete il mio pubblico ma una parte del mio cuore di tutta questa vita e del passato, lei lo sa ora. E ancora lei c’è, il professore che seguiva con interesse la sua alunna che con una specie di affanno, presa da un bisogno intelligente e umano scriveva, scriveva.  E c’era anche lei, professore, che leggeva, leggeva, e capiva anche le pause, anche quello che non era scritto nel vissuto sofferto da una giovane che amava la letteratura, la poesia, una ragione di vita e di essere.
È anche merito suo se i fogli bianchi non più vergini hanno fatto il giro del mondo e sono entrati nel cuore della mia gente, perché è questo che voi siete. Siete la mia gente che vibra insieme alla mia anima. Grazie, caro e gentile professore, le faccio posto sul divano anche se è un po’ affollato, un po’  stretto.


 

 

 

 

 

 

 

Solo tu, cara signora Mirella, potevi parlare di un divanetto dell’Ottocento sul quale fare accomodare le persone che si rivolgono a te per esprimere i loro dubbi, per chiedere consigli, per mettere a nudo i pensieri più segreti del loro animo. Confido in te, cara Mirella, nella tua saggezza. Sono Gianfranco, ho quarant’anni, una discreta condizione economica.

Sono sposato da dieci anni con una vedova che aveva allora una figlia di otto anni. Ero o credevo di essere quasi felice. La figlia di mia moglie si affezionò a me al punto di chiamarmi papà. Sono trascorsi dieci anni e sembrava a me che tutto scorresse su dei binari come un rettilineo. Ma accadde l’imprevisto: Gigliola, questo è il suo nome, crebbe da bambina che io avevo accolto con sentimento paterno. Sbocciò una donna splendida, che mi stupì e mi incantò, con un’avvenenza e uno charme inaspettati e, per il suo modo di rapportarsi con me, l’abbraccio diventò diverso. Anche mia moglie si accorse di questo cambiamento e onestamente me ne parlò. Io cercai di minimizzare questi atteggiamenti che sfioravano le provocazioni, ma forse non fui convincente, perché a mia volta, ero e sono turbato. Sono un uomo maturo e consapevole di ciò che le tempeste ormonali, che determinano il passaggio a una evoluzione fisica e psicologica, provocano nelle fanciulle attirate dal fascino dell’uomo maturo. Ma io mi ritenevo un papà. Questo cambiamento di ruolo ha determinato un’atmosfera di dubbi, di sospetti, di ombre. Voglio essere onesto: il mio turbamento ha il nome dell’attrazione fisica e dell’inquietudine. La tentazione è ovviamente quella di cedere ma, credimi, sono conscio del pericolo che corro e penso che sarebbe un disastro. Per favore, consigliami, anche se so che è molto difficile.
Gianfranco, da Lucca.

 

 

 

 

 

 

 

Non prendere alcuna decisione, perché qualsiasi decisione sarebbe comunque sbagliata. Il tempo è un grande medico che risana le ferite e alleggerisce i problemi. Da donna romantica quale sono, e chi mi legge intuisce dalle mie risposte i miei sentimenti, ti direi sentendomi complice che cedere a questa tentazione provocherebbe uno sconquasso, una voragine senza fondo.

Avevo una nonna, generosa di consigli non sempre etici, che amava i proverbi e diceva: “Ogni lasciata è persa”. È solo un turbamento erotico perché, credimi e sono sicura di quello che dico, se tu concretizzassi quest’inquietudine in un rapporto orizzontale, ti rimarrebbe l’amaro in bocca. Certo che tu sei anche lusingato, gli uomini sono vanitosi quanto le donne, e l’essere in cima ai pensieri – e non solo ai pensieri – della tua figliastra ti eccita e ti lusinga. Ricorda però che la cosa più importante nei rapporti è il rispetto. Conserva il rispetto di te stesso. È la cosa più importante.
Gigliola, la tua figliola, che ha l’incoscienza e la superficialità della giovinezza e che tentava di esercitare su di te il suo fascino, è fragile come i petali di un fiore, anche se questo fiore è profumato in modo inebriante.
Non sono una bacchettona, ho solo vissuto intensamente, e allora ti faccio posto vicino a me, se ti aggrada. Il mio divano è rivestito di rosso, è scomodo, ma il suo invito è di non perdere mai il rispetto di te stesso .
Un abbraccio consapevole.


Il fiore reciso

 

 

 

 

 

 

 

Cara, cara Mirella,
accolgo il tuo invito di sedere accanto a te e di aprirti il mio cuore. È una situazione troppo difficile perché io possa sostenerla da sola. Sì, ho ancora la mamma e alcune care amiche, ma il problema che ti pongo necessita di un distacco affettivo e non voglio far soffrire delle persone care. Tu mi ispiri fiducia e allora ne parleremo insieme, come due vecchie confidenti.

Ho una figlia di quindici anni, non ha mai dato nessun problema. La mia bambina era innocente, è innocente, ma è incinta. A quindici anni. Me lo ha rivelato questa mattina e come puoi immaginare io sono sconvolta e non so quale decisione prendere. Per fortuna è incinta di solo due mesi, l’ha confermato un medico al quale lei si è rivolta, naturalmente di nascosto, quindi siamo ancora in tempo. Però un consiglio in tale senso mi angoscia. Per questo mi rivolgo a te, cara Mirella, per chiederti quale è la via migliore per non far soffrire la mia bambina e tutta la mia famiglia.
Grazie anche se tengo conto della difficoltà a rispondermi.
Adele, da Parma

 

 

 

 

 

 

 

Nessuna difficoltà se non una stretta al cuore e la consapevolezza che non si può essere madri a quindici anni. Capisco tutte le tue difficoltà morali, religiose se sei credente ed etiche, ma soprattutto capisco che un figlio è un dono di Dio, ma io credo in un Dio indaffarato a cercare di creare equilibrio e motivo di vivere meno male possibile per tutte le sue creature. E credo anche in un Dio di perdono.

Non mi dici – sarebbe stato opportuno – di come è avvenuta questa gravidanza, di quello che l’ha preceduta, se è stata determinata da uno slancio d’amore o da leggerezza, superficialità, immaturità. Può essere tutto eccetto che niente. L’amore a quindici anni è una nuvola rosa vestita di fantasia, di curiosità, di attese che inevitabilmente sempre deludono. La decisione sofferta che tu proverai insieme alla tua bimba è quella giusta – ma graverà sul tuo cuore come una ferita che non si rimarginerà.
Una carezza e un palpito della mia anima.

 


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